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Dal mese di marzo 2020 stiamo vivendo le nostre quotidiane abitudini in maniera diversa, spesso trasformata, e ciò che più è messo alla prova è la relazionalità delle persone. Ad esempio, l’acceso dibattito sulla didattica a distanza (e in generale su una modalità relazionale a distanza) è emblematico di un contesto sociale che sta mutando sempre con maggior velocità.
Da questa situazione ne deriva una fragilità diffusa e generale che colpisce trasversalmente le persone: ogni categoria sociale infatti ha di fronte a sè grandi sfide, individuali e collettive, di cui la ipercomplessità del mondo che abitiamo è una delle principali.
In questo contesto, svolgere la professione di educatore o educatrice può essere al tempo stesso molto frustrante e molto stimolante. Avere uno spazio perchè ciascuno possa condividere la propria esperienza personale per farne un patrimonio collettivo è senza dubbio un primo passo per non percepire la solitudine, la frustrazione e l’impossibilità di azione educativa che ne deriva. Perchè ovviamente alle preoccupazioni sul futuro della persona si aggiungono quelle relative allo sguardo e all’esperienza di chi si occupa quotidianamente dei giovani e delle nuove generazioni.
Ma torniamo alle nostre educatrici e ai nostri educatori!
Eccoli, li avevamo lasciati un po’ spaesati, in piedi, in cerchio. Il cerchio costituisce l’elemento rituale fondamentale di una condivisione e di un lavoro esperienziale che parte dall’interno di ciascuno per essere portato verso gli altri. Il cerchio si scioglie con una camminata nello spazio che fa prendere coscienza di sè e piano piano degli altri, incontrando a distanza i corpi e gli sguardi. È un esercizio che stimola la concentrazione e la percezione in presenza. In presenza appunto, questa parola oggi è più che mai legata al suo opposto, la distanza. Molto oggi è possibile a distanza e molto lo è a partire dalla mediazione tecnologica che di per sè non è nè buona nè cattiva, ma come le tutte le cose al contempo non è nemmeno neutra.
Per questo oggi continuare a lavorare in presenza, in sicurezza ed estrema cura per tutte le precauzioni sanitarie, significa poter continuare ad attivare tutte le energie necessarie per costruire relazioni generative che vengono meno nella distanza.
Come per magia, sul pavimento del CAG Labirinto spuntano una dopo l’altra decine e decine di carte colorate, con disegni evocativi e alle volte incredibili. La camminata nello spazio ora si trasforma in una caccia al tesoro, quale sarà la carta giusta? Quella che mi rappresenta e che parla di me? Ognuno ne sceglie una. È tempo di presentazioni. Chi sono? Chi siamo?
to be continued-
Diario del Rifugio fa parte del progetto Generazioni Cooperative realizzato con il sostegno della Fondazione di Comunità Milano – Città, Sud Ovest, Sud Est, Martesana onlus. La Fondazione si propone come piattaforma di partecipazione, basata sull’ascolto, e di prossimità ai bisogni del territorio. Promuove e supporta progetti di utilità sociale per rispondere, in modo innovativo, alle priorità espresse dalla collettività in ambito sociale, culturale e ambientale. La Fondazione di Comunità Milano catalizza risorse ed energie, promuove la cultura della solidarietà e del dono per una concreta filantropia di comunità che, oltre a rispondere all’emergenza sociale, possa agire per il bene collettivo e contribuire a migliorare la società nel suo insieme.
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